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Vetrocamere evacuate per isolare un ambiente

15 Dic 2009
admin
Eco casa ed immobili, Efficienza e risparmio energetico, Innovazione Tecnologica

vetrocamera-isolare-ambienteCi sono molte soluzioni in fatto di vetri e scegliere il vetro adatto alle proprie finestre non è cosa facile. Sul mercato sono disponibili molte soluzioni tecnologiche e c’è davvero l’imbarazzo della scelta e la scelta certamente non dipenderà soltanto dalla linea e dal design esterno dell’infisso, quanto dall’utilizzo che si vuole fare del luogo dove vengono installati i vetri: ci saranno ambienti dove non importerà molto la dispersione del calore, mentre altri dove sarà uno dei primi fattori di scelta dei materiali. Oggi, tra le soluzioni più innovative, ci sono le vetrocamere evacuate.

Cos’è una vetrocamera? Una vetrocamera è la camera d’aria tra due lastre di vetro e serve per offrire una resistenza al passaggio del calore attraverso il serramento (che avviene dall’interno verso l’esterno in inverno e dall’esterno verso l’interno in estate). Lo spessore di una camera d’aria tradizionale, varia solitamente tra i 2 ed i 10 millimetri, i quali, nonostante migliorino le caratteristiche termiche del serramento, non riescono a ridurre in maniera significativa il flusso di calore attraverso lo stesso. Il motivo di ciò sta nel fatto che l’aria, nonostante sia un isolante termico, consente il flusso termico per conduzione e convezione tra le facce dei due vetri che delimitano la vetrocamera. Conseguentemente a questo flusso, le facce dei vetri si riscaldano e trasmettono il calore all’interno o all’esterno a seconda dei casi.

Per migliorare la capacità isolante di una vetrocamera, è possibile realizzare il vuoto al suo interno. In questo modo, il flusso termico per conduzione e convezione presente nell’intercapedine d’aria tradizionale, viene eliminato.

Le vetrocamere evacuate, sono appunto vetrocamere all’interno delle quali viene realizzato il vuoto. Per una vetrocamera evacuata realizzata con vetro float tradizionale, la trasmittanza può essere ridotta a valori fino a 2,5 W/mqK. Se una delle due lastre è basso emissiva poi, si può scendere fino a circa 0,5 W/mqK.

Poiché la pressione all’interno dell’intercapedine deve essere ridotta intorno a 0,1 Pa, i due vetri contrapposti, normalmente spessi 3 – 4 mm, non sono in grado di sopportare gli effetti della differenza di pressione tra l’esterno e l’interno dell’intercapedine. Per tale motivo, è necessario adottare tra le due lastre dei piccolissimi distanziatori di diametro compreso tra 0,25 e 0,5 mm, realizzati in composti ceramici, acciaio o in lega a base di nickel, che saranno disposti a maglia quadrata e distanziati circa 20 mm tra loro.

Il problema di questi pilastrini è che creano concentrazione di tensione e ponti termici tra i due vetri.

Fonte: Architetturaecosostenibile.it

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Architettura ecosostenibile, architettura sostenibile, efficienza energetica, infrastrutture, risparmio energetico



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