La foresta di Molai, un piccolo angolo di paradiso in India

Tutto accadde 30 anni fa, quando un’inondazione distrusse l’ecosistema nella regione di Assam nell’india settentrionale, alberi sradicati, animali morti e terreno completamente brullo. Jadav “Molai” Payeng , un giovane ragazzo che allora aveva 14, avanti allo scempio fatto dal fiume pensò di piantare qualcosa.La sua impresa è stata ripresa del “Times of India” una delle riviste più importanti della nazione, che ha voluto portare sotto i riflettori la strabiliante impresa andandolo ad intervistare nella sua casa ecosostenibile nel bel mezzo della foresta. Tutto ebbe inizio nel ’79 e ciò che mosse il giovane Jadav, fu la vista di migliaia di carcasse di serpente, che non trovando alcun riparo dal sole mattutino, erano praticamente cotti al sole.

I serpenti sono morti per il caldo, perché non avevano nessun albero sotto cui ripararsi. Mi sedetti e piansi sopra le loro carcasse senza vita. E’ stata una carneficina, così ho allertato il dipartimento forestale e ho chiesto loro se in quel punto potevano crescere alberi. Non mi hanno saputo dire nulla, ma intanto mi hanno suggerito di fare un primo tentativo con i bambù e così ho fatto. Non c’era nessuno ad aiutarmi, nessuno era interessato”.

Così fece, e vedendo che la risposta da parte delle nuove nate era alquanto positiva, decise di continuare nella sua opera di riforestazione, ma mai si sarebbe immaginato che dopo 30 anni quelle poche piante sarebbero diventate una foresta di 550 ettari. La nascita di questa nuova foresta ha dato nuova vita all’habitat naturale delle specie che furono spazzate via come la tigre, l’elefante ed il rinoceronte indiano, specie questa estremamente a rischio estinzione.

Non solo specie terrestri ma anche tantissime varietà di uccelli hanno trovato terreno fertile per una nuova vita nel Molai. La cosa ancora più incredibile è che lo stato indiano non ha riconosciuto alcun valore per Jadav, gli elogi sono arrivati solo da funzionari forestali. Tutto sommato la cosa importante è quella di essere consapevoli della grandezza della propria opera, non un invito a cena del premier o una targhetta commemorativa.

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