Dopo 25 anni ancora si lavora sul disastro nucleare di Chernobyl

Dopo quasi 25 anni dall’avvenuto disastro nucleare che ha sconvolto l’Europa, si ritorna nuovamente a parlare dei dissesti che creato l’esplosione di Chernobyl, esplosione che ha stroncato la vita a centinaia di persone abbassando notevolmente la qualità della vita dell’intero Paese.

L’idea di fondo che ha animato il nuovo dibattito, riguarda proprio lo sviluppo di nuove tecniche e metodologie volte a dare protezione e tutela al contesto ambientale colpito ed ancora esposto alle attività radioattive.

L’obiettivo di fondo resta quello di mettere in moto nuovi meccanismi capaci di salvaguardare quanto ruota attorno al “maledetto reattore” che nell’Aprile del 1986 esplose,  stroncando la vita a 50 persone e dando vita, altresì, ad una serie di catastrofi naturali conseguenti che tutt’oggi non smettono di rivelarsi.

Per cercare di salvaguardare sia il contesto ambientale che sociale, infatti, il Governo Europeo ha chiesto ai Paesi Europei di racimolare fondi volti a supportare la creazione di un tetto anti-radiazioni in grado di schermare l’ambiente circostante alla centrale.

Un obiettivo, questo, lodevole e necessario, che vuole salvaguardare la qualità di vita delle popolazioni autoctone, e sia della flora che della fauna del posto, ma che a conti fatti costerà circa 750 milioni di euro.

Si tratta di una cifra tutt’altro che contenuta per le Nazioni, soprattutto per quante -come l’Italia- stentano ad uscire da una crisi economica invalidante come quella abbattutasi sui mercati mondiali qualche anno fa. Un progetto ambizioso che conduce, inevitabilmente, ad una attenta riflessione sull’effettiva convenienza derivante dall’uso del nucleare e sui rischi, sia economici che naturali, che questa fonte energetica potrebbe comportare.

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