Il Giappone valuta la contaminazione

Otto mesi dopo il terremoto di magnitudo 9 e il conseguente tsunami che ha paralizzato il Giappone, con l’aggiunta del disastro della centrale nucleare Daiichi di Fukushima che ha vomitato materiale radioattivo per centinaia di chilometri, gli scienziati hanno tracciato mappe che mostrano la quantità delle ricadute di materiale radioattivo, ritrovata nell’ambiente nelle settimane dopo il disastro.

In due studi pubblicati la scorsa settimana sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences, i ricercatori hanno identificato i “punti caldi” in cui i livelli di radioattività sono stati più alti, così come sono state identificate le aree più sicure.

In uno studio, i ricercatori hanno esaminato i livelli dell’isotopo radioattivo cesio-137 nel suolo, in campioni raccolti dentro ed intorno all’impianto di Fukushima. Con un tempo di dimezzamento di 30,1 anni, il cesio-137 pone un rischio maggiore dovuto proprio ad un tempo di vita dell’isotopo più lungo, rispetto ad altri isotopi che sono stati liberati dalla centrale danneggiata, per esempio lo iodio-131 che ha una emivita di otto giorni. Il team internazionale di scienziati ha iniziato con un modello di dispersione delle particelle e lo ha collegato con i dati meteo, sulla base di fatti realmente accaduti dopo il terremoto 11 marzo e dello tsunami. Meteo e geografia hanno interessato direttamente dove è stato trovato materiale radioattivo nella terra; il vento sposta le particelle verso altri settori mentre le catene montuose possono bloccarne il cammino. La pioggia lava l’aria e pure il terreno, che diventa l’ultima dimora delle particelle.

Gli scienziati hanno scoperto che alcune parti del Giappone, quelle occidentali e nord-occidentali, erano in gran parte al riparo dalla contaminazione, perchè protette dalle montagne che corrono come una spina dorsale lungo l’isola principale di Honshu. Tuttavia, nella parte orientale della prefettura di Fukushima, vicino all’epicentro del terremoto in mare aperto, i livelli nel terreno del cesio-137 superano i 2.500 becquerel per chilogrammo. Secondo lo studio, questo dato etichetterebbe la produzione alimentare nella zona come “gravemente compromessa“.

I ricercatori hanno scoperto che due grandi acquazzoni hanno dilavato notevoli quantità di radiazioni nel terreno – il 15-16 marzo a Fukushima e il 21-23 marzo nelle prefetture di Tochigi, Ibaraki, Saitama e Chiba. Nella zona a nord della centrale nucleare di Fukushima, i tassi della presenza di cesio-137 sono stati di 200 volte il normale, ha detto Norikazu Kinoshita, un fisico nucleare presso l’Università di Tsukuba, rammentando che nella parte orientale Fukushima e parti delle prefetture vicine, i livelli di cesio-137 sono stati di circa 0,5 microsieverts all’ora, che è circa 10 volte il dato normale (0,05 microsieverts per ora).

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