Geotermia a bassa entalpia: caratterstiche di una fonte energetica agli albori!

Nel contesto attuale, la geotermia a bassa entalpia non viene ancora pensata come una vera e propria fonte energetica rinnovabile nonostante si incastri perfettamente, per qualità e caratteristiche, nel grande paiolo delle energie alternative, tanto che proprio negli ultimi giorni la stessa Commissione Europea ha sentito il bisogno di chiarire alcuni punti, fornendo numerose indicazioni in merito.

In una direttiva emanata dall’organo in questione, si evince che le pompe di calore possono essere intese come prototipi di impianti i quali consentono, proprio in virtù della geotermia a bassa entalpia, di essere annoverati tra le energie rinnovabili direttamente legate a fonti inesauribili quali acqua e suolo!

In maniera specifica, la geotermia a bassa entalpia va a contestualizzarsi in maniera specifica, nelle categorie connesse allo sfruttamento energetico prodotto dal sottosuolo, che in quest’ottica può essere concepito come una vera e propria sorta di “serbatoio termico” che permette di sfruttare in maniera diretta, il calore prodotto nelle viscere della terra per poi essere riversato nelle case o negli edifici, soprattutto nei periodi invernali.

Grazie a questo tipo di sfruttamento energetico, difatti, sarebbe possibile arrivare ad una vera e propria rivoluzione, in quanto si potrebbe raggiungere la possibilità di scaldare o raffreddare senza dover ricorrere all’utilizzo, fin d’ora inevitabile, di caldaie o refrigeratori.

Come dimostrano numerosi studi, la geotermia oramai rappresenta una tecnologia matura, che potrebbe pian piano essere introdotta all’interno della produzione energetica casalinga e quotidiana attraverso l’utilizzo di sonde geotermiche, che consentirebbero di ottenere un forte e deciso risparmio sulla bolletta elettrica che, soprattutto negli ultimi anni, comincia a pesare non poco sulle tasche di noi cittadini e soprattutto sull’ambiente.

1 Comment

  1. Gradirei fare una precisazione.
    La Pompa di Calore e’ ormai una realta’ concreta gia’ da anni
    A seguito di numerose iniziative attuate con l’impegno di vari Enti (ENEL, ENEA, CNR, ISES, ecc.) e di vari privati, tra cui il sottoscritto, il 9 gennaio 1991 fu emanata la Legge 10/91 che prevedeva incentivi fino al 40% della spesa sostenuta nella realizzazione di impianti termici a pompa di calore.
    Questa puo’ essere di 3 tipi, a seconda della fonte termica di riferimento e della destinazione del servizio termico fornito.
    Essi sono:

    – Tipo aria-aria
    – Tipo aria-acqua (od acqua-aria)
    – Tipo acqua-acqua

    Per fornire l’energia termica necessaria (in riscaldamento od in raffrescamento, i primi 2 tipi interagiscono con l’aria, mentre il terzo tipo interagisce con l’acqua (di falda, di fiume, di lago o di un processo industriale).
    Per il fatto che l’acqua del sottosuolo puo’ essere prelevata anche a temperature relativamente calde, le pompe di calore di tipo acqua-acqua vengono solitamente classificate di tipo “geotermio”. Questa definizione non e’ pero’ appropriata perche’ si tratta comunque di normali pompe di calore del tipo acqua-acqua che possono essere indifferentemente impiegate nello scambio termico con acqua del sottosuolo o con acqua di superficie (fiume, lago, mare, processo industriale, ecc.).
    Normalmente la temperatura dell’acqua del sottosuolo e’ compresa tra i 10°C ed i 20°C’acqua.
    In questo caso la pompa di calore puo’ essere usata per fornire sia riscaldamento che raffrescamento.
    Se invece si utilizza acqua piu’ calda (acqua di origine termale), la pompa di calore puo’ solo essere impiegata per riscaldamento.
    A titolo di valutazione della convenienza economica, possiamo affermare che una buona pompa di calore consente economie di gestione pari, mediamente, al 50% rispetto ai costi che si sostengono nella gestione di un equivalente impianto a combustione.
    Una particolare applicazione di pompa di calore acqua-acqua fu brevettato nel 1988 con la realizzazione di uno scaldabagno a pompa di calore, della capienza di 100 litri, in cui l’apparecchiatura era inserita all’interno dello scaldabagno e la fornitura termica veniva ottenuta prelevando il calore necessario direttamente dalla stessa acqua dell’acquedotto che alimentava lo scaldabagno.

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