Ecomafie, un business che non conosce crisi

In Italia si producono circa 32 milioni di tonnellate di rifiuti urbani all’anno e circa il 30% viene recuperato con la raccolta differenziata. La produzione di rifiuti industriali si stima attorno ai 24 milioni di tonnellate all’anno, di cui una buona parte è rappresentata dai rifiuti pericolosi ex tossico­nocivi. Il destino di questi ultimi rifiuti è molto più incerto di quello riservato ai rifiuti urbani.

Viene stimato da Legambiente che la capacità di smaltimento legale di tali rifiuti oscilla tra il 30 e il 40% di tutti i rifiuti prodotti, mentre nel corso degli ultimi anni si è sviluppato un fiorente mercato parallelo gran parte del quale è nelle mani delle cosiddette “ecomafie “. Legambiente prresenta regolarmente un rapporto sulle ecomafie italiane, basato come ogni anno sul prezioso lavoro delle forze dell’ordine.

Legambiente nel suo diciassettesimo rapporto del 2010 sulle ecomafie denuncia: “l’ecomafia non va in crisi, non manca di liquidità perché nessuno si può rifiutare di pagare. Non ha bilanci in sofferenza, infatti nel 2009 è rimasta stabile incassando 20,5 miliardi di euro. Non ha il problema dei mercati che si chiudono e continua a guadagnare spazio rafforzandosi soprattutto nel Lazio.”

La Campania si conferma al primo posto con 1.179 reati accertati (15,8% del totale), al secondo la Calabria (12,1%), al terzo il Lazio (11,8%), mentre la prima regione del nord è la Liguria (4%).

I reati più comuni sono l’abusivismo edilizio ed il calcestruzzo depotenziato (7463 reati totali accertati, in calo dello 0,48%), con conseguente rischio di crollo per strade, ponti, viadotti, scuole, ospedali e via discorrendo.

Crescono gli illeciti sui rifiuti (+74%), sulla fauna (+ 58%), i furti di opere d’arte, , mentre è migliorata solo la lotta agli incendi grazie alle azioni di contrasto.

Per il racket degli animali che, stando alla stima della Lega antivivisezione (Lav), si conferma di 3 miliardi di euro, tra corse clandestine di cavalli, combattimenti tra cani, traffici di fauna viva esotica o protetta, macellazione clandestina.

Manca all’appello il dato relativo ai furti e sui traffici di opere d’arte e reperti archeologici, il cui mercato continua a sfuggire a una precisa quantificazione monetaria, ma che genera una cifra d’affari che, per volume è seconda solo al traffico internazionale di stupefacenti.

Con oltre 20,5 miliardi di euro di fatturato, l’ecomafia si conferma come una holding solida e potente.

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